Loredana, 47 anni, e Valentina, 20: avevamo un box, ci hanno tolto anche quello
MILANO - Un mese in strada. Un mese dormendo su sedili di una Smart. Lei, Loredana Minopoli, 47 anni e un posto di lavoro mangiato dalla crisi, e sua figlia Valentina, 20 anni e un lavoro come estetista che finora ha tenuto a galla tutte e due. Il loro appartamento, dopo anni di carte bollate, è stato venduto e dal 19 di marzo è iniziato il loro inferno. Lo sfratto, qualche notte dormendo da amici, e poi la loro auto, una Smart gialla «con i sedili che rompono la schiena, il freddo che non fa dormire e la paura di restare sole tutta la notte chiuse in quella scatola». Ci vivono da un mese. Doveva essere una soluzione di fortuna, per non pesare sulle spalle di qualcuno perché — dice Loredana — «lei e la sua Valentina non hanno mai rubato, o sparato, o magari ucciso», perché sono «bravagente ». Lo ripete rigirando le dita sul crocifisso dorato che le pende dal collo. È questa piccola croce che — sostiene — protegge le poche ore di sonno e prima o poi le aiuterà.
Poi le cose non sono cambiate, e la difficoltà, la paura, l’imbarazzo di un momento si sono trasformate in una strada senza fine. L’auto è diventata una casa parcheggiata tutte le notti tra il supermarket di via Dei Missaglia e la caserma Gratosoglio dei carabinieri. «Perché a Milano c’è da aver paura, poi c’è Valentina che è una bella ragazza di 20 anni e se ne sentono di tutti i colori, a Milano». Da questo parcheggio con l’erba verde che sbuca tra le mattonelle, poi, si vede la sua casa. Quella che ha lasciato in fretta e furia il 19 di marzo quando è arrivato l’ufficiale giudiziario con l’ordine di sfratto. Da quel giorno lì, da quella mattina fresca con il primo sole, Loredana e Valentina hanno dovuto vivere senza niente. Chiuse nel loro loculo giallo che, raccontano, «quando piove non c’è modo di dormire, che quando fa freddo bisogna svegliarsi e mettere in moto per non congelare ». Valentina fa l’estetista. Lo stipendio è poco, «ma è l’unica cosa che consente a tutte e due di sopravvivere senza sembrare due barbone». E non fosse per i sette chili persi in 40 giorni e le occhiaie da nascondere con il correttore, la loro vorrebbe essere la vita di prima: ci sono i bar, i centri commerciali, c’è sempre la casa di qualche amico per una doccia. «Al lavoro l’hanno capito— racconta la madre —. Ma non glielo fanno pesare».
Quanto al suo lavoro, quello come addetta alle pulizie in una casa di cura di Milano, è terminato il 17 gennaio. La cooperativa non ha rinnovato il contratto e la signora Loredana è diventata di troppo. Quanto alla casa, l’appartamento di proprietà dell’Inail in via Nicola Romeo è stato venduto per 148 mila euro. La signora Minopoli era morosa da quando il marito era sparito, l’altro figlio trasferito a Savona e l’affitto quasi raddoppiato. «Era diventata troppo grande, troppo costosa — raccontano —. Abbiamo chiesto una sistemazione più piccola, non c’è stato niente da fare ». Così dopo le carte bollate è arrivato lo sfratto. «Non ci hanno dato neppure il tempo di provarci, di cercare davvero una nuova casa — prosegue Loredana —. Adesso come faremo, ho chiesto, ma niente, niente». In Comune le hanno fatto fare domanda per una casa popolare. Le hanno consigliato di non farsi illusioni perché per entrate nella graduatoria del prossimo settembre ci vorrebbe qualche invalidità, qualche figlio minore, magari anche un anziano a carico, un passaporto straniero o un problema di abusi, perché aspettano già 20 mila famiglie e per loro, per la «bravagente», il punteggio è risicato. Le hanno detto di provare nei dormitori dei barboni. Pieni anche quelli. Poi Loredana ha scritto al sindaco Moratti, e un suo assistente l’ha invitata a ripetere la trafila con i servizi sociali. «Ci hanno abbandonate, come si fa ad andare avanti così». Per ora c’è la strada e i sedili della Smart di Valentina che neppure hanno i ribaltabili, ma almeno le hanno fatte arrivare fin qui. Un mese intero, aspettando che il «buon Dio» sistemi le cose, che alla fine questa Milano distratta torni a ricordarsi di loro.
(fonte corriere.it)
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